Le varie economie regionali registrano ormai da oltre un decennio evidenti tassi marginali di crescita. Il fatto, di per sè importante, può dirsi generalizzato, con flussi economici stagnanti e possibilità di accedere al credito cristallizzate, o talvolta inesistenti, per giovani e donne che volessero intraprendere nuove attività. Sotto il profilo sociale, inoltre, si registra una flessione demografica, con un disallineamento tra popolazione attiva e popolazione inattiva.
Lo spopolamento delle campagne, e di conseguenza dei borghi storici, che avviene ormai progressivamente da sessanta anni, è un fenomeno quanto mai dannoso, che si esplica fondamentalmente in due fattori:
- L’indice di urbanizzazione, in costante aumento;
- L’indice di Superficie Agricola Utilizzata (SAU), in costante diminuzione.
In centro Italia, infatti, risulta che il 67,9% dei comuni ricade nella classe di bassa urbanizzazione, area prevalentemente rurale. Tuttavia su una superficie estesa per il 72,5% della superficie totale, il dato evidente è quello relativo alla popolazione pari al 24,3%, che ormai si localizza in maniera sempre più puntiforme. Basti pensare che tale dato era del 42,6% nel non lontano 1962!
I risultati concreti di queste tendenze si manifestano nella mancanza di un numero adeguato di agricoltori e allevatori o dell’abbandono di territori destinati alla coltura che rimangono inutilizzati, i quali negli ultimi sessant’anni sono rimasti sempre uguali (in termini di superficie). Tra gli effetti, riscontriamo ricadute sulle politiche di produzione ai danni alla biodiversità, generando un rischio sulla salubrità del cibo che mangiamo, minacciando l’ecosostenibilità e lo sviluppo degli allevamenti, in termini di sicurezza e di qualità.